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DIO È DONNA E SI CHIAMA PETRUNIJA (Teona Strugar Mitevska)
La donna della croce

Petrunija ha trent’anni, è laureata ma vive ancora con la propria madre a Stip, in Macedonia. Disoccupata e disillusa decide però di ascoltarla e di andare a un colloquio di lavoro che tuttavia si rivela deludente. Uscendo si ritrova così in mezzo alla cerimonia dell’Epifania e decide di prendere parte al rito della croce di legno che ogni anno viene lanciata nelle acque locali. Chi trova quella croce viene benedetto per tutto l’anno e Petrunija riesce a recuperarla. Tuttavia le conseguenze saranno diverse da quanto si aspettava.

Presentato in concorso alla Berlinale 2019 (dove ha ricevuto il premio della “giuria ecumenica”) e fresco vincitore della XIII edizione del prestigioso “premio Lux”, Dio è donna e si chiama Petrunija (Gospod postoi, imeto i’ e Petrunija) s’ispira a fatti realmente accaduti il 19 gennaio 2014 (data dell’Epifania ortodossa) e sceneggiati dalla stessa regista insieme alla bosniaca Elma Tataragić con l’idea di mantenere un’equidistanza tra il registro drammatico e quello brillante. Scelta che si rivela valida poiché permette al quinto lungometraggio di Teona Strugar Mitevska di situarsi sulla linea di confine tra la rappresentazione realistica e quella satirica di una società retriva come quella della attuale Macedonia (ma che per estensione può essere valida anche per altri stati della ex-Jugoslavia). Ovvero una società profondamente patriarcale e maschilista, governata dall’indissolubile rapporto tra Chiesa e Stato, le due polarità che nel film vengono simbolicamente rappresentati dalle figure del Pope e dell’ispettore di polizia.

Tuttavia se la prima parte del film è sostenuta da una regia ispirata e visivamente seducente, che raggiunge il proprio apice nella lunga e ben articolata sequenza del ripescaggio della croce, meno compiuta appare invece la seconda parte, quasi interamente ambientata nel commissariato in cui viene tradotta la donna con l’accusa di essere andata contro la tradizione – secondo cui l’oggetto sacro può essere recuperato solo dalle mani di un uomo. Qui infatti il ritmo della narrazione rallenta e la drammaturgia sembra quasi implodere nella situazione claustrale. Al punto da far emergere l’aspetto programmatico della scrittura, la bidimensionalità dei personaggi secondari e, soprattutto, a rendere meno efficace la presa di coscienza di Petrunija.

A uno script e a una regia connotati da molti acuti ma anche da qualche incertezza, fa comunque da contraltare l’armonica e rotonda performance attoriale di Zorica Nusheva, pronta a restituire – fisicamente e interpretativamente – tutte le contraddizioni che il suo personaggio incarna.

DIO È DONNA E SI CHIAMA PETRUNIJA

Regia: Teona Strugar Mitevska
Con: Zorica Nusheva (Petrunija), Labina Mitevska (Slavica, la giornalista), Stefan Vujisic (Darko), Suad Begovski (il Pope), Simeon Moni Damevski (l’ispettore)
Macedonia/Belgio/Francia/Croazia/Slovenia, 2019
Durata 100’

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Sull'autore

Francesco Crispino

Francesco Crispino è docente di cinema, film-maker e scrittore. Tra le sue opere i documentari Linee d'ombra (2007) e Quadri espansi (2013), il saggio Alle origini di Gomorra (2010) e il romanzo La peggio gioventù (2016).