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GRAZIE A DIO (François Ozon)
Il coraggio di una verità inconfessabile

Lione, oggi. Il quarantenne Alexandre, marito padre di due figli, scopre che padre Preynat, il sacerdote che l’aveva molestato quando era chierichetto in parrocchia, è ancora “operativo”, occupandosi in particolare dell’educazione dei ragazzi. Volendo evitare che il suo stesso trauma rovini le vite di altri giovanissimi, decide di agire per denunciare il fatto. A sostenerlo trova l’appoggio di altre due vittime, come lui abusati da Preynat da ragazzi: François ed Emmanuel. Uscendo allo scoperto e invitando anche altri a farlo, l’obiettivo dei tre uomini è di abbattere il muro omertoso che circonda questi crimini, tuttora protetti da una cortina di silenzio da diverse autorità ecclesiastiche.

Ispirato al caso giudiziario ancora non totalmente risolto che ha coinvolto padre Bernard Preynat, già parroco a Lione, il 18° film di François Ozon si sviluppa come una coraggiosa indagine dentro alle pieghe criminali fra le più delicate e tragiche di sempre, ma solo negli anni recenti uscita allo scoperto e finalmente al centro delle condanne più decise di Papa Francesco. Tematizzato, infatti, non c’è solo il gesto criminale di abuso sui minori da parte dei preti pedofili, ma il comportamento omertoso di certe gerarchie ecclesiastiche a proteggerli.

Terreno fragilissimo, dunque, per un film di finzione che necessariamente ha dovuto basare il proprio racconto su ferite non solo apertissime ma tuttora scomode e dolenti. Dopo aver scritto e girato emozionanti storie al femminile (8 donne e un mistero, Potiche, Giovane e bella…) , il regista parigino ha deciso di guardare altrove, e quando si è imbattuto nel sito dell’associazione delle vittime di pedofilia di Preynat, ha capito che quello sarebbe stato il suo prossimo film. Superando l’ostruzionismo messo in campo da alcune istituzioni francesi sull’uscita nazionale del film, Ozon ha comunque rimarcato la propria intenzione – corroborata dalla sceneggiatura dell’opera – a realizzare un testo che riflettesse sulla fragilità maschile.

Per l’argomento trattato e per dichiarato “rispetto delle vittime e la verità che racconta”, la forma scelta per dirigere Grazie a Dio appare la più coerente in un rigore quasi scientifico, solida di sceneggiatura e perfetta nella direzione di un cast impeccabile: il trio Melvil Poupaud, Denis Ménochet e Swann Arlaudè è formidabile nella sua aderenza ai personaggi reali. La struttura su cui poggia l’impianto narrativo è quella della “staffetta”, che parte dalla storia di Alexandre per poi entrare in quella di François ed infine arrivare alla tormentata esistenza di Emmanuel: in tal modo Ozon riesce a lavorare sulla tensione insita alla Verità di cui riferisce, progredendo in avvicinamento emozionale ai personaggi, a quelle “zone grigie” che le molestie di decenni prima hanno riempito di sofferenze indelebili.

Grazie a Dio poteva diventare un documentario, ma il regista ha preferito costruirlo come opera di finzione, il cui filtro e il cui ontologico potere d’immedesimazione col pubblico “possono servire la causa di giustizia rispetto a soprusi che non potranno mai essere risarciti”.
Orso d’argento come Gran Premio della Giuria alla 69ma Berlinale.

GRAZIE A DIO
Regia: François Ozon
Cast: Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud
Durata: 137′
Francia 2019

Guarda il video con l’approfondimento pastorale di Arianna Prevedello

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Sull'autore

Anna Maria Pasetti

Anna Maria Pasetti Milanese, saggista, film programmer e critica cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Università Cattolica ha conseguito un MA in Film Studies al Birkbeck College (University of London). Dal 2013 al 2015 ha selezionato per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia. Si occupa in particolare di “sguardi al femminile” e di cinema & cultura britannici per cui ha fondato l'associazione culturale Red Shoes. . Ha vinto il Premio Claudio G. Fava come Miglior Critico Cinematografico su quotidiani del 2020 nell’ambito del Festival Adelio Ferrero Cinema e Critica di Alessandria.

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